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P. Dehon ieri...
È sempre difficile raccontare in poche righe la vita di un uomo, soprattutto quando per carattere, iniziative originali e sensibilità la persona in questione è stata vivace e desiderosa di comprendere il periodo storico in cui viveva per inserirsi come voce critica e costruttiva. L’aggettivo che forse meglio di tanti altri ci aiuta a descrivere la personalità di P. Dehon è poliedrico, visto che gli ambiti in cui si è speso sono stati così diversi e specifici tanto da poter apparire contrapposti in certi momenti della sua vita. Leone Dehon nasce il 14 marzo 1843 a La Chapelle, nella Francia nord-occidentale, da una famiglia nobile e ricca, la quale aveva progettato per lui un futuro da avvocato. In effetti il giovane Leone, intelligente e perspicace si laurea in legge, in seguito anche in diritto canonico e filosofia, ma quando comprende che il suo desiderio è quello di farsi sacerdote viene come ostacolato dal padre, che per fargli cambiare idea gli organizza “il giro del mondo”. Leone, appassionato d’arte e di letteratura accetta volentieri questa opportunità, che ripeterà in un secondo momento della sua vita, ma tornato da questa esperienza non riesce a placare la benefica inquietudine che lo attraversa, e decide contro il volere del padre di entrare in seminario a Roma. È un periodo difficile per la Chiesa, l’autorità del papa è fortemente messa in discussione (gallicani) e la sua fedeltà al successore di Pietro sarà una costante della sua spiritualità (ultramontani). Rientrato in patria spende i suoi primi anni di ministero in una parrocchia ma rimane presto impressionato dal dramma sociale dello sfruttamento degli operai, è il tempo della questione operaia dove le donne e i bambini venivano sottopagati e schiavizzati in un estenuante lavoro di 16 ore al giorno! Comprende come i preti “debbano uscire dalle sacrestie e andare al popolo”, e per questo metterà la sua intelligenza a servizio della riflessione culturale e scriverà il “Catechismo sociale”, ma soprattutto diverrà uno dei più convinti diffusori della prima enciclica sociale della Chiesa, la Rerum novarum di Leone XIII (1891). Il desiderio di avvicinare i poveri (al tempo operai), è stato costantemente unito al desiderio di vivere una spiritualità profonda di culto all’amore di Cristo nel segno del suo cuore, per questo, al di là di ogni efficientismo, ha sempre considerato la preghiera ed in particolare l’adorazione eucaristica come un autentico servizio alla Chiesa: “la mia ultima parola sarà per raccomandarvi l’adorazione quotidiana, l’adorazione riparatrice in nome della Chiesa”. Cerca un istituto religioso per vivere con più bilanciamento con il lavoro la sua sete di preghiera, ma non trova nessuna congregazione che risponda alle sue esigenze e così pensa di fondare lui stesso un istituto di sacerdoti impegnati nella diffusione dell’amore di Dio attraverso il simbolo del suo cuore aperto sulla croce. In particolare è colpito e ferito dalla condotta dei sacerdoti e delle religiose caduti nella solitudine, nell’alcoolismo, in quella che forse chiameremmo oggi depressione, e desidera fondare un istituto che propaghi una caratteristica specifica e particolare dell’amore di Dio, quella di riparare, ricucire, restaurare, curare l’uomo, ed in particolare l’uomo consacrato. Suo maestro diventa l’evangelista Giovanni, che con la sua profondità di sguardo e di contemplazione ripone il suo capo sul petto di Cristo nell’ultima cena e che è l’unico discepolo fedele sotto la croce. Nel frattempo comprende la necessità di studiare le radici del male della società e l’importanza della formazione culturale nella società, i preti in particolare senza abbandonare le scienze sacre devono provvedere a formarsi per comprendere la cultura in cui vivono e prodigarsi per una più accurata formazione delle coscienze. Il desiderio di essere missionario ha sempre caratterizzato la sua indole ma non vi è mai riuscito e ha così fondato un istituto missionario, scegliendo le zone più difficili, quelle in cui nessuno voleva andare, adottando la strategia pastorale di fondare comunità che una volta avviate venivano lasciate alla diocesi per poter iniziare una nuova attività missionaria. Muore a Bruxelles il 12 agosto nel 1925, dopo aver sofferto, come spesso capita ai fondatori, a causa di divisioni interne alla congregazione e delle repressioni dello stato francese nei confronti della Chiesa (Combismo).
... i dehoniani oggi!
L’amore vuole essere l’origine e il fine di ogni attività e apostolato, non tanto però l’amore umano, quanto piuttosto l’amore divino, unilaterale, indissolubile e quindi riparatore. Visto che l’esperienza umana è sempre segnata dalla fragilità, dalla fatica e talvolta dal peccato, il nostro, più che un andare al Padre è un tornare al Padre, e questo ci è reso possibile dalla misericordia di Dio, che si chiama Gesù Cristo, non a caso sulle costituzioni si trova scritto che i Sacerdoti del Sacro Cuore vorrebbero essere “profeti dell’amore e umili servitori della riconciliazione”.
Invitiamo a conoscere meglio p. Dehon attraverso il sito della nostra provincia dell'Italia Settentrionale.
Cortometraggio (cartone animato) per i 100 anni dei dehoniani a Bologna (37 minuti) |